Colorno (Parma) – Castorino… nutria… pantegana? Storia di come l’industria della carne e della pelliccia ha contribuito a distruggere l’habitat, sconvolgendo il biosistema…

Debbo partire da un tempo lontano… il tempo della peste.. Per secoli e millenni un’epidemia che livellava la crescita della specie umana su questa terra.. Di tanto in tanto scoppiava un’infezione ed intere città, eserciti in guerra, popoli migranti venivano decimati… Questo sino alla fine del medio evo. Le contaminazioni erano causate dai topi neri che vivevano in stretto contatto con l’uomo.. ma l’uomo non era consapevole della vera causa e riteneva le pestilenze una sorta di castigo di Dio. Poi giunsero dalla Siberia le cosiddette pantegane, che si propagarono in tutta Europa ingaggiando una lotta senza quartiere con i topo neri. Le pantegane, che non erano portatrici dei germi della peste, ebbero la meglio e quindi le epidemie cessarono.
Spesso succede nella storia biologica sulla terra che animali o specie vegetali compiano lunghi tragitti e spostamenti (l’uomo stesso ne è un fulgido esempio, essendosi propagato ovunque) acclimatandosi e occupando i biosistemi a loro favorevoli. Quindi è naturale che ci sia un continuo rimescolamento, fa parte del modo circolare della vita.

Possiamo affermare la stessa cosa per le specie immesse intenzionalmente dall’uomo in nuovi ambienti da lui colonizzati? Sappiamo ad esempio che la colonizzazione delle isole del Pacifico è stata fatta da piccoli gruppi umani che su zattere si spostavano portando con sé sementi ed armenti. Ma ci sono casi di immissione veloce di nuove specie in territori che fornivano prospettive impensabili per la loro propagazione. Ad esempio in Australia e Nuova Zelanda due secoli fa furono introdotte le pecore che trovarono un territorio ottimo per propagarsi.. e questo consentì all’uomo di poter sfruttare in modo vantaggioso l’incremento, per la carne, per la lana, etc. E in questo caso l’uomo stesso si faceva garante del “controllo” della specie immessa… Ma che dire ad esempio dei conigli che, sempre in Oceania, si inserirono così bene nell’ambiente selvatico da risultarne un danno?

Il fatto è che in natura quando alcune specie erbivore si propagano succede che automaticamente altre specie carnivore provvedono al mantenimento dell’equilibrio, sempre in movimento della natura, considerando le necessità della vegetazione e della vita animale nel suo complesso.. La vita è una sorta di arrangiamento alle condizioni dell’ambiente ed allo stesso tempo l’ambiente si conforma sull’esistenza della vita.

Beh.. il discorso sarebbe lungo e complesso ed in fondo non era di questo che volevo parlare. Una sessantina di anni fa, quando la moda delle pellicce era ancora forte, essendo la pelliccia uno dei simboli del benessere, chi si poteva permettere una stola di visone, un collo di volpe, una cappottino di castoro, si considerava fortunato e ricco. Poi giunse il consumismo, per facilitare la produzione di pelli gli animali cominciarono ad essere allevati e si cominciò a considerare anche l’uso di bestiole che non erano autoctone e che magari garantissero una prolificazione ampia in modo da garantire una produzione costante. Fu così che furono importati i primi castorini.

Ricordo che da giovane, quando abitavo a Roma, alcuni parchi cittadini si facevano vanto di ospitare nei loro laghetti popolazioni di castorini che ricevevano cibo dai visitatori curiosi. Curiosi perché questi roditori, chiamati anche nutrie, erano a tutti gli effetti toponi enormi e facevano una certa impressione ai bambini….

Il Myocastor coypus, è infatti un roditore originario dell’America meridionale, è stato importato a scopo di allevamento (Castorino) negli ultimi decenni, ma a seguito di fughe accidentali (o anche liberazioni intenzionali) ha iniziato a colonizzare, prima le zone umide, canali compresi, quindi ed in modo diffuso le campagne.

Ora non esiste habitat in cui non sia presente la nutria… non avendo poi nemici naturali questi toponi imperano sovrani… ed ora l’uomo cerca soluzioni alla loro crescita indesiderata. Ricordo che l’anno scorso trovandomi a passeggiare lungo un sentiero natura nei pressi del fiume Panaro, in Emilia, udii (fuori della stagione di caccia) parecchi spari rintronare nell’aria.. ne chiesi la ragione alla mia compagna e lei mi spiegò che erano state date autorizzazioni speciali di caccia alle nutrie per cercare di limitarne il numero.

Il problema delle nutrie in eccesso è molto sentito in Emilia.. come è sentito il problema degli ungulati (caprioli) che essendo diventati numerosissimi scendono dall’appennino e si riversano nelle campagne e nei frutteti.

La natura purtroppo richiede tempo per trovare un riequilibrio fra specie.. e d’altronde la guerra ai predatori è stata così forte in passato che difficilmente -in tempi brevi- essi potranno svolgere la funzione alla quale sono chiamati dall’esistenza biologica. Per cui, in fase accelerata, si ricorre ai mezzi tecnici di cui l’uomo dispone.

Ad esempio la Provincia di Parma, per la prevenzione dei danni idraulici, agricoli ed ecologici causati dalla nutria, ha diramato una normativa per la cattura dal vivo dei roditori e per la loro successiva eliminazione con eutanasia, incaricati dell’opera sono i vigili, le guardie forestali, le USL, etc.

Ma alcuni comuni non soddisfatti dei risultati hanno aperto una caccia indiscriminata alla nutria, questo ad esempio è anche il caso del comune di Colorno (provincia di Parma) che -come afferma il gruppo animalista Agire Ora- ha emanato un’ordinanza, che sarà valida fino a fine giugno, che consente di “risolvere il problema” sparando alle nutrie in qualsiasi momento!

Beh, non sono favorevole a questi metodi spicci, anche perché con essi si incentiva l’abitudine all’uso delle armi ed a risolvere i problemi con la violenza. Inoltre è veramente assurdo accusare animali come le nutrie di chissà quali disastri e danni, che sono infinitamente minori di quelli compiuti dall’uomo, il quale devasta il territorio e sottrae sempre più spazio alla natura. Qualsiasi eventuale problema di convivenza con altre specie, non è certo con la violenza e lo sterminio che va risolto, e specialmente le istituzioni non devono ricorrere a queste “soluzioni finali”; quando alcune bestiole vanno in sovra numero si possono trovare soluzioni più morbide. Ad esempio si può fare la proposta di catturarle con trappole e di regalarle agli animalisti di altre zone che le possono custodire nei loro giardini. Oppure potrebbe occuparsi di loro l’ENPA o altre associazioni animaliste che potrebbero provvedere alla sterilizzazione e successiva re-immissione nell’ambiente.

Chiedo quindi agli abitanti di Colorno, ed alle persone sensibili, di scrivere al sindaco sollecitando soluzioni non cruente e comunque risolutive.

Paolo D’Arpini
Circolo vegetariano VV.TT.

Per scrivere al sindaco di Colorno:
urp@comune.colorno.pr.it; m.canova@comune.colorno.pr.it

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